lunedì 30 marzo 2009

SPEAR CITY HEROES - VITA DA EROI (16)

Con la striscia di oggi inauguriamo un nuovo "arco narrativo" (se possiamo chiamarlo così) che ci terrà compagnia per oltre 15 episodi e che avevo cripticamente annunciato molto tempo fa, scrivendo: "Quale sarà il tema della saga? Posso dirvi solo che è "qualcosa che manca" ai nostri eroi, e vediamo se qualcuno di voi indovina..."

Ovviamente nessuno di voi ha indovinato (MWAHAHAHAH, sono un genio del male), anche se dai vostri suggerimenti è nato lo spunto per il personaggio di Thunderlass!


Il supernome - parte 1


Chi non ricorda cos'è Spearwatch può ripassare qui.

PS = Ho pubblicato un nuovo post anche nel mio secondo blog (Attualità in pillole). Se vi va, dateci un'occhiata.

domenica 22 marzo 2009

RIFIUTI ZERO

Recentemente ho avuto modo di informarmi un po' su una nuova interessante teoria con obiettivi culturali ed ambientali piuttosto ambiziosi: la teoria Rifiuti Zero.

Semplificando, questa teoria rovescia il punto di vista attualmente predominante, cioè parte dal presupposto che la produzione di rifiuti non sia affatto inevitabile, anzi sia un errore. Se in un processo viene prodotto un rifiuto c'è qualcosa di sbagliato, da cambiare.

A sua volta questa affermazione si basa su alcuni concetti di ecologia ormai consolidati, che cerco di riassumere.

Sopravvivere in natura comporta una competizione discretamente feroce, e questo vale per tutti gli organismi, dai batteri in su. L'evoluzione naturale ha portato ciascun gruppo di esseri viventi a trovare la propria “nicchia ecologica”, cioè il proprio modo di sopravvivere senza entrare troppo in competizione con altri organismi. Questo ha fatto sì che gli “scarti” (passatemi il termine) prodotti da alcuni esseri viventi divenissero una risorsa per altri, e che si instaurassero dei veri e propri cicli chiusi, con un riutilizzo infinito e pressochè completo degli elementi chimici che compongono la crosta terrestre.

Utilizzando una terminologia più corretta si parla appunto di “cicli bio-geo-chimici”, ad indicare l'insieme delle trasformazioni chimiche e biologiche che avvengono in natura e che riguardano tutti gli elementi come carbonio, ossigeno, azoto, zolfo, fosforo, ecc... in un ciclo chiuso senza fine e senza sprechi.

L'uomo ha invece interrotto questi cicli, inventando processi produttivi di tipo “lineare”, che iniziano con il consumo di risorse e finiscono con la produzione di rifiuti, senza considerare il destino dei rifiuti stessi.

In realtà molti dei rifiuti prodotti possono essere smaltiti dall'ambiente naturale, ma i tempi necessari sono molto più lunghi rispetto ai ritmi con cui i rifiuti stessi vengono prodotti, quindi di fatto i rifiuti si accumulano sempre più.

Altri tipi di rifiuti, invece, non possono essere facilmente smaltiti dalla natura, e anche in questo caso la spiegazione si trova nell'evoluzione naturale e nelle nicchie ecologiche. Gli ecosistemi infatti si sono evoluti in modo da riutilizzare solo le molecole disponibili, non “tutte” le molecole (vista l'aspra competizione per la sopravvivenza, che senso avrebbe per un qualsiasi gruppo di organismi sviluppare col tempo un metodo per -che so- digerire il PVC se nel proprio ambiente di PVC non ce n'è?). Ecco quindi che tutti quei rifiuti provenienti da sostanza estratte dalle profondità della crosta terrestre, o profondamente trasformate con processi artificiali, non sono biodegradabili. In altre parole, quelle sostanze non hanno mai fatto parte di una nicchia ecologica per nessun organismo, quindi non si sono mai evoluti meccanismi in grado di riutilizzarle.

Con il passare dei secoli e lo svilupparsi delle tecnologie, l'uomo ha interiorizzato il concetto che la produzione di rifiuti, per quanto deprecabile, non possa essere evitata (anche alcuni miei insegnanti, spiegando la gestione dei rifiuti, partivano dal presupposto che “tutte le attività umane producono rifiuti”). L'attenzione quindi si è concentrata su come “smaltirli”, affrontando così solo una parte del problema, mentre l'approccio più efficiente in assoluto (in realtà l'unico veramente corretto) è concentrarsi su come “produrne meno”, o addirittura “non produrne affatto” (rifiuti zero).

Qui il problema esce dal campo strettamente scientifico/tecnico e si sposta con prepotenza sul piano economico/sociale, perchè si vanno ad intaccare direttamente le nostre abitudini, le nostre comodità e anche le nostre tasche.

Prendiamo ad esempio gli imballaggi (scatole, pacchi, sacchetti, casse, pellicole, ecc...), che costituiscono una frazione molto importante dei rifiuti urbani. Per inquadrare il problema pensate ad esempio un fast-food, e pensate al volume del cibo paragonato al volume di plastica e carta che poi viene buttato -tutto insieme senza separazione- come rifiuto. Altri esempi calzanti possono essere essere quelli delle monoporzioni di cibo preconfezionato, o delle merendine imbustate una ad una dentro alla scatola di cartone a sua volta dentro alla busta in plastica, ecc...

Ebbene, rifiuti zero significa anche ridurre al minimo gli imballaggi delle merci, ma questo comporta:

- Più scomodità per il consumatore, che non troverebbe la merce già porzionata, pulita, pronta al consumo;

- Minori introiti economici per le imprese che producono gli imballaggi e che li utilizzano per pubblicizzare il prodotto;

- Minori introiti economici per le imprese che riciclano i rifiuti (e stiamo parlando di cifre immense, come testimoniato già nel 1992 da un pentito di mafia che riferì nel carcere di Vicenza che “la monnezza è oro”).

Si tratterebbe in sostanza di sostituire la cultura imperante del “consuma, goditi la vita e non pensare a nulla” con una cultura più austera e consapevole, che è un cambiamento piuttosto radicale, anche perchè -e qui torniamo di nuovo all'ecologa- non è solo una questione di cultura, ma anche di istinto.

Essendo animali, infatti, anche noi umani siamo “programmati” per la lotta alla sopravvivenza. Come tutti gli esseri viventi, abbiamo scritto dentro al nostro codice genetico che dobbiamo sempre cercare di aumentare al massimo le nostre prospettive di sopravvivenza, quindi: più risorse = bene; meno risorse = male.

Analogamente: consumo di risorse = bene (perchè gli animali allo stato brado non sanno quando mangeranno la volta successiva, quindi consumano tutte le risorse che possono non appena le hanno a disposizione), mentre auto-limitarsi nel consumo di risorse = male (perchè potrebbe “rubarle” qualcun altro, riducendo le nostre possibilità di sopravvivenza). A questo proposito è emblematico un esempio che ho studiato all'università nel corso di etologia, in cui un falco appena dopo un pasto si era trovato per caso vicino ad un topo. Ebbene, avendo la pancia piena, il falco avrebbe potuto tranquillamente lasciar vivere il topo, invece lo ha immediatamente ucciso, lasciandolo lì senza mangiarlo. Questo apparente “spreco” deriva proprio dall'istinto di uccidere le prede che il falco “deve” avere, perchè se quell'istinto non fosse presente, il falco non potrebbe sostenere la lotta per la sopravvivenza. Anche noi umani abbiamo dentro lo stesso tipo di istinto, che ci porta ad accumulare risorse sempre e comunque, anche scapito degli altri.

Inoltre, come per tutti gli esseri viventi, dentro al nostro codice genetico manca completamente la preoccupazione per il destino dei rifiuti che produciamo (tanto, se fossimo animali allo stato brado, ci sarebbero altri organismi che vivrebbero proprio grazie ai nostri scarti, quindi il problema non si porrebbe). Ci basta non averli troppo vicino a noi, per evitare malattie.

Infine, come per gli altri animali, nel nostro codice genetico è molto ridotto l'istinto di preoccuparsi astrattamente del benessere delle generazioni future (che infatti è normalmente è limitato ai nostri figli), perchè generalmente in natura le risorse sono talmente poche che l'unica auto-limitazione sensata al consumo è quella che permette ai nostri figli di crescere abbastanza da poter provvedere autonomamente a sé stessi.

Ora, tutti questi istinti sono giustificati e funzionali alla sopravvivenza solo in condizioni di perenne scarsità di risorse, condizioni che (almeno nella nostra parte di mondo) la tecnologia ha permesso di superare. E' facilmente intuibile che al contrario, in condizioni di abbondanza di risorse, gli stessi istinti possano portare al rapido sovrasfruttamento dell'ambiente e quindi ad una quasi-estinzione (evento che infatti talvolta capita in natura, perchè gli altri animali non hanno gli strumenti culturali per poter controllare i loro istinti).

Da questo lungo discorso si capisce allora come il cambiamento di mentalità necessario per il successo della teoria “rifiuti zero” sia estremamente profondo. Prendere coscienza degli istinti naturali che fanno parte di tutti noi è fondamentale non per giustificare un eccessivo consumismo, ma per capirne l'origine. In questa ottica non stupisce che il messaggio di fondo di quasi tutte le pubblicità sia proprio “consuma, goditi la vita e non pensare a nulla” e che abbia un enorme successo commerciale perchè si rivolge direttamente ai medesimi istinti. Di più ancora: la conoscenza di questi meccanismi, oltre a permetterci di comportarci consapevolmente, può favorire il cambiamento aiutandoci a far leva su un altro istinto scritto nel nostro DNA, forse il più potente di tutti: quello di non portare la nostra stessa specie all'estinzione.

giovedì 19 marzo 2009

ARRIVA SUPERBONISOL!

Recentemente ho acquistato un videogioco a cui facevo la posta da tempo: City of Heroes.
Per chi non lo conosce, si tratta di un MMORPG (gioco di ruolo multigiocatore online) ad ambientazione supereroistica (non l’avreste mai detto, vero? ^__^). Attualmente è l’unico gioco di questo tipo in commercio, a fronte delle decine -centinaia?- di MMORPG fantasy, anche se nel giro di qualche mese dovrebbe uscirne un altro (Champions Online).
Tornando a City of Heroes, mi hanno subito colpito l’ottima grafica, il raffinatissimo sistema di creazione del personaggio (che permette un livello di personalizzazione sbalorditivo) e l’ambientazione davvero curata.
Per fare un esempio, all’inizio sei un eroe sconosciuto e non ti si fila nessuno, poi però col passare del tempo la gente per strada (gestita dall’intelligenza artificiale del gioco) inizia a riconoscerti e a salutarti quando ti avvicini, magari aggiungendo qualche commento.

Criminali ce ne sono di tutti i tipi: dalle gang di strada che tentano di rubare auto, agli zombie che portano in giro sacchi di cadaveri, alla setta occultista che compie oscuri rituali sui tetti per rubare la forza vitale a vittime innocenti, e così via. La città da esplorare (Paragon City) è immensa e molto varia, così come numerosissime sono le missioni da completare.
Il gioco è discretamente complesso, cosa piuttosto comprensibile, visto che mira ad intrattenere i giocatori per mesi o anni, ciononostante è abbastanza gradevole anche giocato da soli. Ma il divertimento maggiore si trova alleandosi con altri eroi (leggi: giocatori da tutto il mondo) e spazzando via schiere di avversari in un turbinio di effetti speciali colorati. Più il gruppo è eterogeneo (un eroe picchia da vicino, uno spara da lontano, uno potenzia gli alleati e penalizza i nemici, ecc...) più è efficace, perché i rispettivi limiti si compensano a vicenda. Insomma, come avrete capito sono molto soddisfatto dell’acquisto!

Come primo personaggio (se ne possono creare a decine, sia buoni che cattivi) non ho resistito alla tentazione di tornare all’adolescenza, ripescando un supereroe inventato quando avevo 14-15 anni e che costituiva la mia controparte fumettistica: Superbonisol, appunto, che vola e spara raggi di energia. Non è particolarmente resistente negli scontri ravvicinati, ma da lontano sa farsi rispettare, soprattutto quando coglie un avversario di sorpresa con il colpo da cecchino.

Ah, poi naturalmente è un intellettuale... ;-)

Se qualcuno dei lettori ha il gioco (o vuole scaricare la versione di prova gratuita per 15 giorni) magari possiamo trovarci on-line per elargire un po’ di sane legnate ai cattivi. Io ho la versione americana del gioco (purtroppo non quella europea) e il mio personaggio si trova sul server “Justice”.

Fatemi sapere!




martedì 10 marzo 2009

IL NUOVO MAXIMUM - SFILATA DI MODA

Buona sera e grazie a tutti per essere qui. E' un grande onore per me presentare questa sfilata di moda dedicata al prete-a-porter per supereroi, mostrandovi in anteprima assoluta le diverse interpretazioni di un super-costume che alcuni giovani artisti di talento hanno voluto offrire.
Come modello si è gentilmente offerto uno degli eroi più in vista di Spear City: il misterioso Maximum! Ma lascio ora il campo alle creazioni dei nostri stilisti.

Cominciamo da Luca Bonisoli, autore anche del disegno del costume. La base bianca suggerisce l'immagine di un eroe duro-e-puro, mentre il decoro blu scuro sagomato a "M" riprende quello del precedente costume, mostrando tutto sommato poca fantasia.
Standard.

Radicalmente diverso è invece l'approccio di Mattia Bulgarelli, che ribalta lo schema cromatico puntando su un violento blu elettrico di base, impreziosito da un altrettanto intenso giallo limone per il decoro, in chiaro omaggio ai più famosi X-men. Gli occhi rossi trasmettono una certa aggressività latente, mentre il mantello, ritenuto meno importante, è caratterizzato da toni spenti che permettono all'osservatore di concentrarsi sulla virile figura del supereroe.
Superior.

Michela Da Sacco punta invece sul look "vampiro", utilizzando un intrigante viola scuro come colore di base e scegliendo un potente rosso acceso per il decoro, quasi come fosse sangue che cola macabro su un corpo di velluto.
Underground-chic.

La sorella Francesca Da sacco adotta invece un approccio ambivalente, che sulle prime ricalca l'impostazione cattiva di Michela grazie al costume scuro, ma poi riporta gioiosamente alla memoria i cartoni animati dell'infanzia tramite il giallo brillante del decoro e del mantello, che rende l'accostamento cromatico evidentemente ispirato all'Ape Maia.
Poliedrico.
Coraggiosa la proposta di Manuela Soriani, che con l'accostamento verde mimetico/nero sfugge alla classificazione ormai stantìa di "Eden-girl rosa" e ci regala un completo adatto anche a passeggiate nei boschi senza spaventare gli animali, pur permettendosi il vezzo di un accento del suo colore preferito in corrispondenza degli occhi.
Agreste.

Concludiamo infine con la verve estrosa di Ivan Annibali, che rompe gli schemi tradizionali e propone un costume in cui l'unicità e la visibilità del personaggio sono portati all'estremo. Ne è una prova il costume rosso, che si staglia netto contro il cielo azzurro mentre il nostro eroe volante sfreccia sopra le teste dei passanti. Lo stesso effetto è ottenuto anche dal mantello fuxia, che rende Maximum ben visibile da chi lo vede da tergo, facendolo emergere come una gomma da masticare tra il grigiore del cemento. E che dire delle missioni notturne? Il talentuoso Annibali ha pensato anche a questo, inserendo nel decoro le pratiche fasce catarifrangenti verdi, e testimoniando che la moda non deve dimenticare mai un aspetto importante come la sicurezza.
Geniale.

La sfilata di moda si conclude qui. Grazie a tutti per la partecipazione e arrivederci alla prossima edizione!