lunedì 2 agosto 2010

INTERVISTA A SUSANNA RAULE

Nella foto: Susanna Raule.
Tiene a precisare che il cappello a cilindro, purtroppo, non è suo.

Psicologa, scrittrice, traduttrice, blogger e naturalmente sceneggiatrice di fumetti, Susanna Raule è l'autrice di due tra i miei personaggi preferiti in assoluto: Ford Ravenstock ed Ermanno Sensi. Il primo è protagonista di un'originalissima serie di fumetti -siamo al terzo numero su quattro- che ha esordito vincendo il Lucca Project Contest 2005 ed è attualmente pubblicata da Edizioni Arcadia. Il secondo è un commissario di polizia di La Spezia alle prese con criminali comuni e demoni infernali, le cui avventure sotto forma di brevi racconti si possono leggere gratuitamente qui.

Susanna, visto che il mio blog si occupa prevalentemente di fumetti cominciamo con una domanda classica: perché i fumetti? Cosa ti piace della cosiddetta "nona arte"?
In realtà devo ancora capirlo. Ho sempre letto fumetti, ma non sono mai stata una grande lettrice di fumetti. Immagino che l'idea di scriverli sia nata in modo casuale, perché mi sono trovata attorno persone che facevano fumetti e vivevano di fumetti. Se non fosse capitato, non so che cosa sarebbe successo. Sicuramente avrei scritto, quella è una cosa che ho sempre fatto. Ma avrei scritto fumetti? Bho.
Tanto ormai è successo, no?

Tra scrivere un racconto e sceneggiare un fumetto hai una preferenza?
Non proprio. Ci sono dei passaggi della stesura di una sceneggiatura che non mi piacciono (ad esempio scrivere le descrizioni delle vignette), ma ce ne sono anche altre che amo incredibilmente. Una di queste cose è la velocità con cui riesco a scrivere, a tenere la trama in mano. Nei racconti è tutto più lento, però non c'è linguaggio tecnico, quindi posso divertirmi anche a decidere come dev'essere una descrizione o decidere di farla in un modo più divertente di quella che sarebbe in una sceneggiatura, dove per prima cosa devi concentrarti sullo scopo: spiegare al disegnatore che cosa si vede in quella sequenza.

Nelle tue storie tendi ad inventare prima i personaggi o la trama?
Stranamente non so risponderti. Direi: dipende. Diciamo che di solito visualizzo, mi immagino, delle scene, delle situazioni. Se mi piacciono, ci scrivo attorno una storia. Non sempre so quando ho "creato" un personaggio. Probabilmente durante il processo.

Come nascono i tuoi personaggi? Quanto è importante la tua esperienza di psicologa?
Alla fine di ogni storia i miei personaggi sono nati un altro po'. Spesso, quando comincio a scrivere, ho un'idea molto vaga del carattere e della storia di un personaggio, degli eventi cruciali della sua vita ecc. So che ce ne sono, perché tutti ne abbiamo, e so quali sono importanti per la narrazione, ma molti dettagli si chiariscono via via. Non so in che misura mi aiuti essere una psicologa. Forse, semplicemente, mi è utile nel definire come quel determinato farà una determinata cosa, come ne affronterà un'altra e che cosa si rifiuterà categoricamente di fare. Ma, in fondo, questo lo sanno anche gli sceneggiatori non-psicologi, no?
La pratica clinica, però, mi dà delle idee. Non mi ricordo chi diceva che il mondo reale è un posto decisamente più strano della fiction, ma credo che sia vero.

Com'è nato Ford Ravenstock?
Stavo cercando di creare un killer diverso dal solito, un personaggio languido e gentile con un background molto problematico che gli desse una weltanschauung insolita. A un certo punto mi sono resa conto che un personaggio così conflittuale, probabilmente, avrebbe considerato l'omicidio un mezzo troppo semplice, che non si sarebbe limitato a far sembrare i suoi delitti qualcos'altro, ma sarebbero stati qualcos'altro. Qualcosa di complicato come lui. L'istigazione al suicidio, pressoché in tutte le legislazioni esistenti, è un reato molto difficile da dimostrare, praticamente impossibile. In seguito mi è venuto in mente che uno specialista in suicidi non poteva non essere depresso e che la sua professione doveva essere una forma di catarsi. Una persona sensibile non può spingere gli altri a uccidersi se non pensa al suicidio come una cosa positiva, e se lo pensa come una cosa positiva, probabilmente è perché lui stesso ne è attratto.

Com'è nato Ermanno Sensi?
Mi avevano chiesto di scrivere un racconto per un'antologia - un'antologia che poi, come molte antologie, non è uscita. Così iniziai a scrivere Sette, morto che parla, dal punto di vista dell'assassino. Non era un'idea originale e non ero soddisfatta, così a un certo punto decisi di creargli un avversario. In quel periodo mi era capitato di incontrare dei vecchi amici che, nonostante gli anni, non erano cambiati di un millimetro. Trovavo buffo il fatto di conoscere delle persone che avevano trent'anni e che nonostante questo erano ancora fieramente punk, nella mentalità, ma specialmente nell'aspetto. Pensai che anche il mio personaggio potesse essere così, ma in seguito trovai una spiegazione abbastanza convincente per questo fatto e gli diedi un'infanzia e un background completamente diverso, perché a quel punto avevo un altro problema: per quale motivo un adolescente goth dovrebbe decidere di entrare nella polizia? Risolsi il problema decidendo che Sensi non era stato un adolescente goth.

A quale dei due personaggi sei più affezionata?
Mi piacerebbe spiazzarti dicendo che preferisco uno dei due, ma non è possibile. Ci sono altri personaggi a cui sono molto meno affezionata, questo è vero, ma Sensi e Ravenstock si dividono equamente il mio affetto. Da un certo punto di vista, sono molto simili. Entrambi sono attratti dalla morte, entrambi sono dei pensatori eterodossi, entrambi hanno un certo fascino ambiguo. Ma Sensi è molto più integrato e molto più resistente. Quello che lo tiene in vita è dentro di lui, non al di fuori come nel caso di Ravenstock. E Sensi è meno puro, negli atti e nelle intenzioni.

Cosa direbbe Ford Ravenstock di Ermanno Sensi?
E' buffo, perché ora che mi ci fai pensare Sensi sarebbe un cliente impossibile per Ravenstock. Ha così tanti motivi per morire, ma ha deciso di restare vivo. Però, se Ravenstock lo trovasse in una sera in cui è particolarmente triste e scoglionato forse potrebbe convincerlo a farsi fuori solo per vedere che cosa succede. In definitiva credo che Ravenstock sarebbe atterrito, da lui.

E viceversa?
Questo è facile. Sensi probabilmente lo soffocherebbe con un cuscino. Per pietas, ben inteso.

Cambiamo argomento: come nascono le tue storie?
Per caso, perché ci penso. Tutte le risposte sono valide e nessuna è quella definitiva.

Spesso le tue storie sono condite con ironia e umorismo. Quali sono le tecniche che preferisci per far ridere il lettore nei tuoi fumetti?
Altra domanda subdola. Mio fratello dice che alcuni dei miei personaggi - sicuramente quelli che hai citato - parlano esattamente come me. Gli credo, anche se la cosa mi scoccia un po'. Quindi immagino di essere una persona profondamente buffa e stranamente attratta dall'assurdo. Il vero problema è che io non cerco di far ridere i miei lettori. Loro ridono perché non capiscono quanto cazzo sono seria.
Ad esempio la situazione della viabilità spezzina: praticamente tutte le scene che descrivo sono successe veramente a me. E la gente pensa che io stia facendo dell'ironia, capisci quanto è frustrante?

Parliamo di generi letterari (e fumettistici). Quali sono quelli che scrivi più volentieri? E quelli che non scriveresti mai?
Be', probabilmente non scriverei mai un romanzo sentimentale. A meno che non mi dessero un pacco di soldi, ovvio. In realtà può darsi che domattina mi svegli stranamente romantica e decida che il romanzo sentimentale è quello che voglio fare nella vita. Anche definire quello che preferisco scrivere è un po' complicato. Direi che mi piace scrivere quello che mi piace scrivere. E se c'è del sangue, del sesso, un bel po' di morte e quelle due o tre situazioni assurde, è quasi sicuro che mi piaccia. Oh, e poi vorrei scrivere una storia con un crudele criceto mannaro, ma non ho ancora trovato una trama che ne valorizzi pienamente gli aspetti drammatici.

Se tu dovessi scrivere un fumetto di super-eroi, su quale personaggio vorresti mettere le mani e come vorresti cambiare la sua vita?
La risposta più ovvia sarebbe Batman. Batman mi fa venire davvero voglia di scrivere di una gang-bang con lui come protagonista. Nota bene: non sto scherzando. Penso veramente che la sessualità di Batman sia una delle cose più oscure e intriganti mai create. Ricordo che nella sceneggiatura di Arkham Asylum, Morrison sottolineava proprio questo punto - aveva inserito delle situazioni in cui il Joker esasperava la pruderie del protagonista acconciandosi come una via di mezzo tra Madonna e una puttana, facendo dei commenti pesanti sulla sua virilità e palpandogli il culo. In seguito l'aspetto del Joker venne cambiato proprio per attutire questo effetto, che presumibilmente avrebbe devastato le deboli menti degli adolescenti americani.
Un altro supereroe dal quale sono molto attratta è Demon, ma ammetto che quello che mi stuzzica è più che altro l'idea di scrivere tutti i dialoghi in rima.

Hai lavorato più volte con Armando Rossi. Qual'è la cosa che preferisci di lui come disegnatore?
Sarebbero un po' più di una, se hai pazienza. Di lui mi piace che è un disegnatore molto espressivo, che i suoi personaggi riescono a mostrare emozioni veramente complesse senza mai diventare delle macchiette. Se gli dici che il tuo protagonista deve sembrare "pensieroso e vagamente dispiaciuto" non ti ritrovi davanti un Pensatore di Rodin che piange. E questo è molto importante, per me, visto che nei miei fumetti cerco parossisticamente l'understatement. Ovviamente mi piace il suo tratto e la sua stilizzazione. Mi piace il modo complesso in cui organizza le tavole, una complessità compositiva che alla fine riesce a essere semplice. Ci sono anche delle cose che non piacciono, ovviamente, ma visto che tu non me le hai chieste per oggi lo grazierò.

Per concludere: quale titolo daresti alla tua autobiografia?
"Susanna Raule: i suoi primi novant'anni di vita"? Ma potrebbe andar bene anche "Susanna Raule: l'immensa ricchezza e la fama interplanetaria".

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